Dati di Repubblica e riflessione sui gruppi editoriali
Via Pandemia – Il gruppo l’Espresso ha pubblicato i risultati del 2009, dove risulta che Repubblica online ha fatturato 29 milioni di euro sul digitale con una crescita sostanzialmente piatta sul 2008, dove faceva 28 milioni e mezzo. L’ebitda della unit web è di 8 milioni in grossa crescita sull’anno precedente, dovuto evidentemente ad un pesante taglio di costi. In verità in questi conti di fatturato ci saranno sicuramente delle quote di adv infragruppo, perche gira molto spesso pubblicità di prodotti del gruppo, ma è indubbio che Repubblica raccolga sopra i 25 mln annui.
Luca Conti correttamente osserva :
“Nel 2009 Repubblica online supera 29 milioni di euro di ricavi su un mercato complessivo stimato essere 585 milioni. In pratica il più grande gruppo editoriale italiano online copre il 5% soltanto dei ricavi. Quota ben diversa da quella della pubblicità su carta, in cui solo Repubblica (senza i giornali locali) ottiene 209 milioni di euro su un mercato di 1400 milioni. Solo questo dato fa capire come gli editori tradizionali fatichino a transitare, finanziariamente, dalla carta al web.”
Io credo che la povera Repubblica non sia in ritardo sull’online ( se non altro perche è on line dal 1996) e credo che facciano tutto correttamente. In realtà il problema a mio avviso è diverso ed è più strutturale.
Se prendiamo ad esempio Virgilio che è sempre stato il leader in Italia, vediamo che ha una quota di poco superiore a quella di Repubblica. In sostanza il mercato Internet in Italia è fatto da Google che ha il circa il 60% e poi da un grandissimo numero di operatori che stanno tra il 5% e l’1%.
Il fenomeno nasce da numerosi motivi. Uno tra tutti è che non c’è (per varie ragioni) un fenomeno di aggregazione di varie realtà per fare operatori piu grandi e forti. Il motivo è che tutti i “grandi” o sono proprietà di gruppi editoriali “old” concorrenti o sono proprietà di telco che se li tengono per spremerli, o sono proprietà di multinazionali straniere. Questo comporta un mercato con un gigante e tantissimi nani intorno, e la cosa non cambierà nel breve periodo.
Ma forse il vero motivo strutturale è che internet non è fatto per i grandi gruppi editoriali. A parte alcuni casi di concentrazione come google, la pubblicità viene distribuita in mille rivoli. Essendo sparita la barriera all’accesso (che è presente con la carta, e che comporta pochi attori) gli editori sono virtualmente infiniti, e quindi la pubblicità tende a rifluire ovunque. Per non parlare degli attori internazionali che nel tradizionale non ci sono, mentre del digitale si.
La differenza si nota chiaramente dai conti di Repubblica : mentre sulla carta (dove esiste la barriera all’accesso) a fronte di una audience importante ha una fetta importante del mercato pubblicitario, su internet a fronte di una audience altrettanto importante ha una fetta di mercato advertising molto molto piu piccola.
E’ quindi un fenomeno strutturale, che ha ripercussioni anche organizzative, e non è una peculiarità solo italiana. Prendiamo un’altro esempio in USA : Sugar Inc è la nuova condè nast digitale ed ha 12 milioni di utenti unici al mese, con una audience molto importante sul segmento donne e mondo della moda. Eppure è una azienda con appena 100 dipendenti. La stessa repubblica.it è fatta da un numero di persone 20 volte inferiore rispetto all’edizione tradizionale. Le aziende internet editoriali sono piccole con poche persone se parametrate alle omologhe che operano nei settori tradizionali.
Un’altro tema che salta all’occhio è: i gruppi tradizionali perdono quote di fatturato importante nei mercati tradizionali (basta vedere il crollo della raccolta da quotidiano cartaceo di Repubblica). Tale crollo si manifesta per il trasferimento di risorse al digitale. Ma riescono poi questi gruppi a recuperare questo fatturato nel digitale e quindi a pareggiare? No, proprio per il fenomeno di cui sopra, per il quale, in mancanza di barriere di ingresso e per la presenza di player mondiali monopolisti, la quota digitale è molto molto piu bassa della quota tradizionale anche in presenza della medesima audience. E’ quindi un inevitabile downsizing, in termini di persone e di fatturato.
Quindi i grandi gruppi sono destinati al declino? Esisterà un mondo fatto solo da qualche multinazionale e poi una pletora di piccoli operatori nazionali che arrancano?
Sicuramente serve un ripensamento del modello organizzativo dei gruppi editoriali che sul web non ha piu senso. Non piu gruppo piramidale ed integrato ma network (e galassia di aziende). Velocità ed autonomia contro strutture pesanti e lente. Essere piu piccoli sarà una inevitabile realtà, ma poi alla fine quello che conta nel valore dell’azienda saranno i margini. E prima o poi le aggregazioni dovranno esserci…
E Banzai fattura molto meno di loro..
@Carletto, ma ha 10 anni in meno di vita ed ha speso infinitamente meno.
sempre utenti unici e inmpression sono …
Un utente unico su Altervista non vale come un utente unico su Repubblica. Entrambe sono consumatori alla stessa maniera, ma come ben sai le marche danno valori molto diversi al contesto in cui si trova l’utente.
I grandi editori italiani sono fermi nel loro vecchio mondo.
Le grandi balle della duplicazione dei lettori (1 copia vale 4 lettori) sul web non si può importare e questo ha prodotto listini web sottostimati.
Altro grande errore, ma dagli italiani ce lo si poteva aspettare, è stato quello di sottovalutare il fenomeno web.
Ho lavorato per molti anni in una rete di vendita di un grande gruppo editoriale e le strategie adottate per valorizzare l’online facevano drizzare i capelli in testa.
In 10 anni non ho visto una sola manovra corretta.
La frase che si sentiva sempre in tutti i corridoi era “internet è una moda passeggera…”
Poveretti ora che si trovano con 230mio in meno nel giro di 2 anni sono lì che pensano a come recuperare, fanno grossi errori con la politica dei volumi, la carta costa, e non riescono a liberarsi di un carrozzone appesantito da nipoti e figlioli prodigio (questo vale per quasi tutti gli editori “di peso”).
Hanno riversato online la copia esatta della versione cartacea, con lo stessa tipologia di fruizione, non hanno indotto l’utente a credere che fosse possibile un rapporto, non hanno stimolato i clienti con campagne adeguate al target di fruizione on line ecc.
L’Italia da punto di vista editoriale non è da risistemare è semplicemente da abbattere e da rifare.
Sono da rifare i contenuti, i contenitori e vanno ridisegnati i confini dei termini “utenti” e “clienti”
I clienti da parte loro non hanno saputo, forse ci hanno marciato, collegare le potenzialità di crescita su indagini/prodotto che gli avrebbero dato, per segmento di mercato, più visibilità sul prodotto desiderato dal consumatore (solo perché eventuali campagne combinate sarebbe costate di più).
Finché gli editori continueranno a fare i giornalai, e non dei prodotti di buon giornalismo, sarà sempre più dura ritrovare una tendenza al rialzo degli investimenti, perderanno sempre di più dalla carta e non li ritroveranno mai sul web.
Gli editori italiani hanno pensato, in modo arrogante e presuntuoso, di non poter mai essere sostituiti; hanno dimenticato il territorio, si sono genuflessi ai clienti, hanno prodotto contenuti duplicati sulle varie testate ed hanno sottovalutato le dinamiche di proliferazione di internet.
Ribadisco: non va ripensato, va rifatto da capo il settore.
Poi se ci mettiamo pure la piccola ed impercettibile crisi degli ultimi anni…
Non credo molto al modello di network informativo.
Poi ovvio che il tutto lo si declina in ambito di dividendi allora ci può stare, mi sono solo sbilanciato su di una visone di prodotto più vicino alla parola “approfondimento” che “informazione”
c’eravate ieri sera alla presentazione del nuovo sito di Repubblica?
impressioni? Rumors?
Valente visto molto vicino agli ambienti Manzoni
@ careletto : il sito secondo me piu pulito ed arioso, forse era un intervento dovuto. Ma non mi convince. prima era forse un pò piu tamarro (leggi popolare) ma sembrava piu ricco. Oggi fa il verso al corriere che è elegante (ma rimane molto meglio). Insomma secondo me la veste pop paga di piu, e un sito elegante già c’era. vedremo nei prossimi mesi.
@claudio: sarebbe interessante sapere in quale rete vendita hai lavorato…..
oggi non vale, è pieno di pubblicità VODAFONE!
Vediamo domani
cambia anche http://www.deejay.it/dj/
Torno ora da una A4 formato torrente. Ma i torrent non erano vietati?
Ciao Luca ti tolgo subito la curiosità, la rete era quella di quel quotidiano nato nel 1875… 😉
Non ho una conoscenza così profonda del marketing come te, e tanti che lasciano commenti sul tuo blog, però sono sempre stato curioso ed ho cercato sempre di posizionarmi in modo competitivo sul mercato che di volta in volta mi assegnavano, ponendomi le domande che si poneva il cliente ecc. ecc.
Trovare in certe realtà così tanta impreparazione mi ha lasciato basito. Poi magari ero io che non capivo i massimi sistemi però visti i risultati che hanno ottenuto…
Ciao a tutti.
P.S. Considero questo blog fonte d’informazione e confronto molto interessante, non lo chiudere altrimenti faccio un “chi l’ha visto” su FB (che tu ami tanto)
Opss ti ho dato del tu
@ claudio: grazie per i complimenti!!
ma perchè Luca voleva chiudere???

NOOOOO
@Claudio: Gazzetta di Parma? o Gazzetta di Mantova? 😀
anche oggi Repubblica ci offre una domination..(powered by infostrada)
@VALE
La Gazzetta di Mantova è stata fondata nel 1664 ed è il più antico quotidiano d’Italia (e così è rimasto)
La Gazzetta di Parma è stata fondata nel 1735 (i due se la litigano da tempo per chi è il quotidiano più antico)
Ma so che lo sai VALE.
Invece quello che dico io, che hai già capito, è stato fondato, o per meglio dire ha iniziato a pubblicare, nel 1875….e lì è rimasto come mentalità e cose simili.
Certe volte pensavo a quando da dietro un angolo di un corridoio di colpo potesse apparirmi un signorotto con tanto di abbigliamento dell’epoca… robe da matti!!! 😉